lunedì, febbraio 13, 2006

I Sacerdoti assassinati dai partigiani comunisti slavi.

Primo a cadere sul fronte dalmata fu un minore francescano, Padre Antonio Curcio, cappellano militare dell’11° Bersaglieri, assassinato dai partigiani comunisti jugoslavi – del comandante Tito si cominciava appena a sentir parlare – mentre prevalevano nella guerriglia i cetnici del generale Draza Mihailovic. Mihailovic fu ben presto abbandonato dagli Alleati e le formazioni comuniste titine ebbero tutti gli aiuti e gli appoggi. Nel 1942 morirono il parroco di Bencovaz (Dalmazia) Don Rocco Rogosic, ferito mortalmente dai partigiani il 17 maggio, mentre Don Raffaele Busi Dogali e Don Giovanni Pettenghi furono pugnalati a morte rispettivamente il 15 giugno ed il 2 agosto, in Dalmazia. È con l’8 settembre 1943 che la Chiesa paga il maggiore contributo ed entro la fine di quell’anno le vittime furono sette. Il genovese Don Giacomo Lora venne fucilato dai partigiani serbi; Don Placido Sancin da quelli sloveni, con Don Carlo Setel . Tra i martiri va ricordato Don Angelo Tarticchio, nato nel 1907 a Gallesano d’Istria, parroco di Villa di Rovigno: arrestato dai partigiani comunisti, malmenato ed ingiuriato, fu tradotto a Pisino d’Istria e rinchiuso nel castello dei Montecuccoli. I prigionieri concentrati a Pisino avrebbero dovuto subire dei processi, ma il tutto si risolse in un frego rosso e blu su un pezzo di carta. Le vittime furono centinaia e fu allora che venne dato inizio alla tragedia delle foibe. Il 19 settembre, assieme a 43 altri prigionieri, legato con filo spinato, Don Tarticchio fu assassinato e gettato in una cava di bauxite. Nel 1944 gli ecclesiastici vittime dei partigiani slavo-comunisti furono nove. Nel Goriziano Don Luigi Obid (o Obit), parroco a Poggio San Valentino, fu martoriato ed ucciso il 2 gennaio nei pressi del mattatoio del paese, e Don Giuseppe Gabana, cappellano delle Guardie di Finanza, venne ferito mortalmente nella sua abitazione a Trieste il 2 marzo. In Istria fu assassinato nei pressi di Pinguente il seminarista Miro Vivoda, costretto a scavarsi la fossa assieme a suo padre. Era il settembre del 1944 e nessuno seppe mai il motivo dei due omicidi. Il cappellano militare del reggimento Tagliamento, Don Natale Altan, cadde a fianco dei suoi soldati a Descia il 3 giugno, mentre a Montenero d’Istria, il 1° settembre, fu ucciso dai partigiani comunisti il chierico Rodolfo Trcek, assieme a due suoi fratelli. Il 12 ottobre venne fucilato a Ranziano di Gorizia Fra' Alessandro Sanguanini e il 18 ottobre i partigiani titini assassinarono Don Giovanni Manzoni, parroco di Rava (Sebenico). Nelle acque dell’isola di Lastovo (Meleda, Dalmazia) in quell’ottobre fu affogato Don Nicola Fantela, canonico della diocesi di Ragusa. Notizie incerte si hanno sulla fine di Don Greskovic, ucciso dai partigiani a Lussino, e di Don Antonio Pisic, nato nel 1886 a Montesanvito (An), assassinato il 31 gennaio 1945, ma secondo altre fonti nel settembre 1943. Le vittime accertate per il 1945 sono ben 23, da Don Ladislao Piscani, vicario di Circhina (Go), a Don Lodovico Sluga, uccisi il 5 febbraio assieme ad altre 12 persone. Assieme al padre Matteo all’inizio del 1945 fu assassinato il seminarista Erminio Pavinci da Chersano (Fianona). A Bria di Gorizia fu ucciso il parroco Don Ernesto Bandelli l’11 aprile, mentre il 23 di quel mese i partigiani titini uccisero Don Domenico Gianni, cappellano militare. Il 29 aprile i partigiani ammazzarono a Santa Croce di Gorizia il parroco di San Giovanni di Sterna Don Casimiro Paich. Ormai la guerra era finita, ma le uccisioni continuavano. A Prepotto (Go) fu assassinato il 1° maggio 1945 il parroco di Sgonico, Don Giovanni Dordolò (o Dorbolò). A Cuscevie toccò a un seminarista milanese, Bruno Finotto, residente a Trieste. Padre Simone Nardin, olivetano, cappellano presso l’Ospedale Militare di Abbazia, fu assassinato tra atroci torture. Don Vittorio Perkan, parroco di Elsane, fu eliminato mentre celebrava una funzione religiosa nel locale cimitero. Don Domenico Benussi scomparve nella zona mineraria di Vines a maggio, mentre il seminarista Gino Vosilla, assieme al compagno di studi Giovanni Massalin, scomparvero nel Fiumano. Del cappellano dell’Ospedale di Belvedere di Abbazia, Don Marcellino, non si conosce il cognome. Don Giovanni Tul, religioso della diocesi di Trieste-Capodistria, fu assassinato dai partigiani comunisti. Per Don Francesco Bonifacio, nato a Pirano d’Istria, è stata introdotta la causa di beatificazione: almeno per una tra le tante vittime del comunismo in quelle terre alla Porta Orientale d’Italia, dicono i fedeli, si confida nella pastorale attenzione. Don Bonifacio svolgeva un intenso apostolato nel territorio tra Pirano e Buie; fu arrestato l’11 settembre 1946 e trascinato sin sul Carso di Piemonte, dove venne fucilato il giorno dopo. In ginocchio, segnato dalla sofferenza, pregava Iddio di perdonare i carnefici. Una storia che sembrava non aver fine, che non aveva fine. Don Isidoro Zavadlav, parroco di Goregna di Salona (Go), fu prelevato dai titini il 6 settembre 1946; non si ebbero più sue notizie. Don Valentino Pirec, parroco di Idria della Baccia, morì il 23 dicembre 1946 per le sofferenze patite in prigionia slavo-comunista. Don Giacomo Minghetti (o Guido), cappellano militare, venne fucilato nel campo di Borovnica alla fine del giugno 1947. Il parroco di Golazzo (diocesi di Fiume), prelevato dai titini il 14 agosto 1947 mentre accompagnava un funerale, scomparve. E non fu l’ultimo. Don Miroslavo Bullesich, parroco di Mompaderno e vice direttore del Seminario di Pisino, fu aggredito ed assassinato la sera del 24 agosto 1947; si era recato a Lanischie per accompagnare Monsignor Giacomo Ukmar che doveva amministrare la Cresima. Anche il Vescovo fu ferito a tal punto che lo credettero morto. Alcuni giorni dopo, il 2 ottobre, fu celebrato un processo e il Monsignore venne condannato a un mese di reclusione per la grave provocazione di cui era stato il promotore: la Cresima. Questa indagine si limita a ricordare gli ecclesiastici italiani assassinati o comunque condotti a morte in quelle terre. Ma non è possibile dimenticare le sei suore fatte scomparire da un convento di Fiume e i 76 religiosi, in gran parte francescani e croati di nazionalità, assassinati lungo l’arco della Dalmazia da partigiani serbo-comunisti titini. Ma i partigiani slavi si distinsero anche nel centro dell’Italia, tra il Maceratese, il Teramano e l’Aretino, dove furono almeno tre i sacerdoti uccisi per mano loro.

5 commenti:

Starsandbars/Vandeaitaliana ha detto...

Come si vede, questi sono i ragazzi nati dalla resistenza.

martons ha detto...

no starsandbars, i ragazzi nati dalla Resistenza, quella con la R maiuscola,quella che non era fatta solo da gente accecata dal dolore per la perdita dei propri cari, ma quella che credeva realmente negli ideali di libertà, democrazia e uguaglianza, sono ben altri!
e non mi importa se i commenti su questo blog sono vecchi...
.. è giusto che chi passa di qua legga anke questo!
onore alla Resiztenza e a chi l'ha combattuta!
----controRevisionismo------

Starsandbars/Vandeaitaliana ha detto...

I ragazzi nati dalla resistenza sono quelli come Bostezar.
Che non fanno onore a chi combattè in nome di un ideale diverso dal mio, ma che finirono trucidati dai partigiani rossi alla Moranino.

Parlo per esempio del Partigiano Strasserra o del Partigiano Renato Seghedoni(che forse non sarebbero contenti di veder mortificata la Nostra Lingua con l' uso sessantottino della "k".)

Perchè in nome della "libertà, democrazia ed uguaglianza" si sono fatti milioni di morti, dalla Rivoluzione Francese in poi.

Onore a TUTTI i Morti delle Tre Guerre Civili Italiane. Solo a quelli in buona fede, però...

I commenti sono vecchi perchè questo più che un Blog è un archivio. Il mio blog principale è Non Porgiamo l' Altra Guancia.

Starsandbars/Vandeaitaliana ha detto...

Di Strassera e Seghedoni si può leggere in Aprile e Gennaio 2006

robertonicolickblog ha detto...

Intervista a Roberto Nicolick
Autore di “39 biglietti di sola andata”
L EDIZIONI Savona


Il titolo del libro “39 biglietti di sola andata” ha un motivo preciso d’essere ?

Si, 39 sono i prigionieri giustiziati in modo arbitrario e sommario dai partigiani comunisti nel maggio del 45, a guerra finita, solo per vendetta . Sola andata, indica che fu un viaggio su un autobus , a senso unico senza speranza, verso la morte

Si e’ ispirato ad un fatto realmente accaduto ?

Certamente, la strage accadde per davvero, i cadaveri vennero tutti ritrovati e seppelliti dopo presso il cimitero di Altare, detto delle Croci Bianche, dove riposano tuttora, accanto a tombe di Partigiani, finalmente in pace, senza odio e rancori.

Chi sono i protagonisti della vicenda ?

Le vittime, tutti uomini dai 17 ai 60 anni compiuti, i loro fucilatori, esponenti della cosiddetta polizia partigiana comunista, le donne del convoglio repubblichino, che vennero stuprate nell’Alessandrino e un certo numero di persone che assistettero alle violenze e alla strage.

Nel libro vi sono anche delle foto

Infatti, foto recenti e d’epoca per meglio inquadrare e descrivere i luoghi dove si snoda la vicenda. Foto molto belle e suggestive, alcune assolutamente inedite.

In sintesi, ci racconti la vicenda, oggetto del suo scritto

Al crollo della Repubblica Sociale Italiana, aprile 1945, si formarono delle colonne in fuga dalle principali citta’ del Nord.
Una di queste partita da Savona, riesce ad arrivare tra mille difficolta’ a Valenza Po, dove le formazioni partigiane locali la intercettano e ne arrestano i componenti. Le donne subirono violenza sessuale, tutti furono derubati dei valori personali.
Quindi vennero imprigionati presso il carcere di Alessandria. Dove arrivarono i partigiani savonesi a prelevarli, con un autobus, da Alessandria , attraversando l’Acquese, raggiunsero Cairo, lasciando una scia di sangue di esecuzioni sommarie, A Cadibona , dopo un pestaggio violentissimo, si concluse la vicenda con la fucilazione in massa di 37 persone. Le donne furono risparmiate.

Per scrivere questo paperback dove ha raccolto i dati e le notizie ?

Dai giornali dell’epoca, dall’Archivio di Stato ma principalmente da testimonianze di persone che assistettero personalmente al fatto, e da persone che scamparono alla morte. A tutt’oggi queste soffrono di incubi per questa vicenda terribile.
Altri hanno ancora adesso paura, e non hanno voluto comparire, infatti non sono stati nominati, come pure gli assassini, che ho citato solo con le iniziali, per il cosiddetto diritto d’oblio

Gli assassini ?

Tutti personaggi noti e riconosciuti, protestarono la loro innocenza in tribunale, nel corso del processo che ebbe luogo successivamente. Alcuni furono condannati ma….amnistiati e tre di loro faranno anche carriera politica.
Comunque vissero tutti felici e contenti, la solita vergogna.

Perche’, Nicolick, ha scritto questo libro…scomodo ?

Sin da piccolo ero incuriosito dalla strage, se ne parlava a mezza bocca, senza dare fastidio agli assassini che viaggiavano onorati e rispettati.
Era in corso un meccanismo di rimozione di un fatto vergognoso. Tuttora attivo , e penso che i morti, di qualsiasi fazione, esercito, cultura o bandiera debbano essere ricordati e rispettati senza alcun tipo di strumentalizzazione politica. Questo in ultima analisi e’ il principale motivo, per riflettere sull’odio politico e sulla intolleranza di certi integralisti.
Inoltre parlare di una strage compiuta da Partigiani comunisti e’ come infrangere un tabù…
Forse questo libro e’ scomodo per due tipi di persone : per me che sto cominciando a ricevere delle minacce e per chi mi invia le minacce, perche’ e’ obbligato a guardarsi dentro…

Le’ e’ uno storico ?

No, sono una persona curiosa che vuole guardare dentro e dietro alle cose, che vuole capire, senza grandi strumenti culturali, senza atteggiamenti da secchione, e soprattutto voglio raccontare agli altri, non in modo ermetico o criptico, come accaddero certe cose, terribili e cruente, come quella in oggetto…

Allora, auguri per il suo libro

Grazie, di cuore, l’editore mi ha gia’ comunicato che le vendita vanno bene. E’ un libro che fara’ discutere molto, e questo e’ un fatto buono.