Cesare Battisti, di cui scrissi già in SantoSepolcro, finirà finalmente in un carcere italiano. Salvo approdare in un qualche ministero a fare il portaborse od anche di più.
Tra le vittime molti ricordano il gioielliere mio concittadino, Pierluigi Torregiani, ammazzato come un cane davanti al figlio che, colpito alla spina dorsale, rimase paralizzato. E due servitori dello Stato, il Maresciallo Andrea Santoro e l' Agente Andrea Campagna.
Meno nota è la storia di Lino Sabbadin, macellaio mestrino. Il 16 Febbraio 1979 due giovani, Cesare Battisti e Diego Giacomini, entrarono nella sua macelleria a Santa Maria di Sala e gli spararono con una calibro 6,35. Adriano Sabbadin, il figlio, è nel retro, sta litigando al telefono con un fornitore. «Sento dire a voce alta "chi è Lino Sabbadin?", e poi gli spari». Lui corre, fa in tempo a vedere un uomo a cavalcioni di suo padre, che spara ancora, i colpi di grazia. Alla sera arriva la rivendicazione: «Siamo i Proletari armati per il comunismo, abbiamo colpito gli agenti della controrivoluzione Torregiani e Sabbadin. In segno di solidarietà alla "piccola malavita" che "con le rapine porta avanti il bisogno di giusta riappropriazione del reddito e di rifiuto del lavoro.». La colpa di Sabbadin era quella di aver ucciso un rapinatore che due mesi prima era entrato nella macelleria. Il povero commerciante lasciò la moglie Amalia Spolaore e tre figli: Adriano, Adriana e Roberta.
Su molti siti in francese, creati da Battisti stesso e da suoi amici transalpini, si sostiene ancora l' innocenza del terrorista rosso, e si pone l'accento sul fatto che Sabbadin fosse iscritto al MSI, "miltant du parti néofasciste". Cosa assolutamente all' oscuro degli assassini a quei tempi.
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