martedì, dicembre 27, 2005

Partigiano Marino Pascoli.

4 Gennaio 1948 : Marino Pascoli, è nato a Santerno, una frazione di Ravenna, sta per compiere 25 anni ed è un attivo militante del Pri. Nato in una famiglia umile d’impronta mazziniana, con il padre calzolaio e mutilato di guerra 1915 - 18, Pascoli è stato partigiano prima dell’8° Gap di Forlì e poi nella 29esima Brigata Garialdi 'Gastone Sozzi', operante nella pianura forlivese. Dopo la guerra, si è messo a commerciare in legname, ma dedica molto tempo al lavoro di partito. E’ un giovane volitivo intelligente e di grande coraggio. Scrive bene, con vigore e lucidità politica. E sulla 'Voce di Romagna', il giornale del Pri di Ravenna, pubblica articoli polemici nei confronti dei comunisti della zona. Come tutti i repubblicani romagnoli, il secondo partito dopo il Pci, vuole contenere l’egemonia comunista in quell’area. Tre i cardini della battaglia politica di Pascoli: la denuncia degli eccessi compiuti dai partigiani rossi durante e dopo la guerra civile, la critica al massimalismo politico e sindacale del partito di Togliatti, la difesa del sistema politico occidentale contro l’Unione Sovietica . Ma negli articoli e nell’azione politica di Pascoli c’è la rivendicazione di una verità che a lui sembra lampante: essere anticomunisti non vuol dire essere di Destra o Fascisti. La cosa non veniva gradita dal Pci romagnolo. Contro di lui si aprì una violenta campagna di denigrazione politica e morale. Lo accusarono di non essere mai stato partigiano, anzi, di aver fatto la spia per conto dei Fascisti di Salò. Non era vero, naturalmente. Però le calunnie non cessarono. E si accompagnarono a minacce di morte, che però non riuscirono a zittire il giovane dirigente repubblicano. Neppure quando, nel 1947, alla periferia di Ravenna, proprio dove comincia la strada per Mezzano, qualcuno gli sparò un paio di rivoltellate, senza colpirlo.

Sulla “Voce di Romagna” del 6 dicembre 1947 usci un'articolo di Pascoli molto pesante. L’articolo era intitolato “Il Partigiano”. Eccone un brano: “Prima di tutto dobbiamo distinguere i partigiani veri dai partigiani falsi. I partigiani veri sono quelli che hanno corso sul serio dei rischi, che hanno combattuto con fede per la liberazione dell’Italia e questi, a dire il vero, sono pochi. I partigiani falsi, che purtroppo sono la maggioranza, sono coloro che hanno fatto i teppisti mascherati, i collezionisti di omicidi e che andarono in giro con il mitra quando non vi era più pericolo a fare gli eroi. Questa gente, anche se è riuscita a munirsi di un brevetto o di un certificato, anche se oggi milita indebitamente nelle file dei partigiani, non bisogna avere nessuna esitazione a chiamarla teppa”. Questo articolo, che si concludeva con un appello ai partigiani veri, “a non seguire coloro che vogliono vendere l’Italia allo straniero, altrimenti il loro sacrificio sarebbe stato vano”, fu la sua condanna a morte. La sera della domenica 4 gennaio 1948, Pascoli subisce un nuovo agguato e questa volta viene ucciso. L’"Unità" di Milano e “Milano sera” lanciano una campagna depistatoria utile a confondere le indagini. Alla fine del mese vengono arrestati il segretario dell’Anpi di Santerno ed un ex partigiano comunista. Fu indiziato anche il segretario del Pci di Santerno, poi prosciolto in istruttoria. Tutto finì in un’assoluzione quando il testimone chiave, un operaio agricolo "si rimangiò la deposizione".

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