sabato, aprile 26, 2008

Igino Ghisellini, il perchè di un omicidio.

Su Igino Ghisellini, Federale di Ferrara, si è scritto e parlato tanto, spesso a sproposito; persino un film, "La lunga notte del '43" cercò di avvalorare le tesi sinistre tendenti ad accusare altri Fascisti di quest' omicidio, cui seguì una violenta rappresaglia che spazzò via il clima di tregua nel ferrarese che proprio Ghisellini aveva saggiamente creato.

Ferrara fu fin dal 1920 una delle roccaforti del Fascismo: ai comandi di Italo Balbo, alla vigilia della Marcia su Roma vi erano oltre diecimila Camicie Nere e sessantamila lavoratori, in gran parte braccianti agricoli (e non agrari come vorrebbe la vulgata antifascista), inquadrati nei Sindacati del PNF. Così, dopo un piccolo iniziale sbandamento di un paio di giorni, le truppe tedesche, quando entrarono in città, trovarono la sede della Federazione Fascista in Viale Cavour già riaperta, funzionante e presidiata. Il Prefetto Giovanni Dolfin ed il Console della Milizia Olao Gaggioli si misero subito al lavoro, dando l' incarico di Federale al Maggiore Ghisellini. Persona coltissima, con ben tre lauree, in veterinaria, farmacia e chimica, rispettato in città non solo per le notevoli capacità professionali, ma anche perchè pluridecorato durante la Grande Guerra, la Campagna d' Africa e la Crociata Anticomunista Spagnola con tre medaglie d' argento e tre di bronzo. Conosciuto come persona equilibrata e moderata, riuscì a riorganizzare il Partito in maniera egregia, tant'è che nella Città Estense si contarono circa diecimila iscritti, venendo come numero dietro Roma, Milano, Genova e Bologna. Oltre a diecimila soldati volontari nelle Forze Armate Repubblicane.

Questo successo fu dovuto proprio alla moderazione con la quale Ghisellini lavorò;il quale si oppose molte volte ai più estremisti che volevano vendette e rappresaglie, creando un clima estremamente rilassato in città e provincia. Clima che certamente non giovava al clima d' odio che il PCI voleva creare in Italia, per volere esplicito di Palmiro Togliatti, cui ancora tante strade sono dedicate.

In un fossato presso Castel d' Argile, nelle prime ore del 14 Novembre 1943 venne ritrovato il corpo del Federale ferrarese: ad ucciderlo furono partigiani comunisti con addosso le divise della GNR. A spazzare via OGNI DUBBIO c' è il numero dell' edizione clandestina dell' Unità del 15 Dicembre che ne rivendica l' assassinio, sotto il titolo "Traditori Fascisti giustiziati":"...a Castel d' Argine (con una "n" erroneamente al posto della "l") ugual sorte è toccata al reggente Federale Fascista di Ferrara...". Nel dopoguerra furono condotte ben quattro inchieste che cercarono di attribuire l' omicidio ad una faida interna al Fascismo, sempre con esito negativo. Anche il citato film di Florestano Vancini sposò quella tesi, ma bisogna aspettare prima il 1976, quando Sonilio Parigini, un partigiano comunista durante un’intervista dichiarò che nell’inverno 43-44 tra i gruppi partigiani del modenese dove egli aveva operato, si diceva apertamente che Ghisellini era stato ucciso da un comunista. Nel 1983 Spero Ghedini (segretario della Federazione ferrarese del PCI nel 1944 e commissario unico delle formazioni partigiane locali, Sindaco di Ferrara dal 1956 al 1963) in un suo libro "Uno dei centoventimila" conferma che il federale fascista fu assassinato dai partigiani e che la tesi di un omicidio all’interno del PFR era una menzogna:
"II gerarca fu infatti giustiziato dai partigiani e non ucciso dagli stessi Fascisti in dissenso con lui, tesi lasciata circolare per diversi anni senza che nessuno intervenisse per smentirla. Io stesso, in una intervista rilasciata qualche anno fa al periodico Vie Nuove, sono stato in grado di confermarlo. L'attentato fu preparato accuratamente da Mario Peloni che poté contare su tre compagni, dopo aver discusso a fondo con loro sulla opportunità e sul significato esemplare dell'azione. Uno dei tre era un ferrarese, di cui però nessuno di noi ricorda il nome. Si trattava di un atto imposto sia dallo stato di lotta aperta che dalla necessità di impedire, con ogni mezzo, la riorganizzazione del Partito Fascista e di salvaguardare l'unità recentemente raggiunta dal movimento antifascista, che la falsa e subdola opera "pacificatrice" svolta da uomini come Ghisellini tendeva a minare". Spero Ghedini non ammetteva quindi solo l'uccisione del Federale da parte dei comunisti ma ne rivendicava gli autentici scopi: vanificare ogni sorta di pacificazione (perseguita dai Fascisti e dall'antifascismo non comunista) e scatenare la guerra civile. Sempre in un'intervista rilasciata nel novembre del 1985, Spero Ghedini tornò sull'argomento con precisazioni ancora più significative sui motivi strategici che avevano spinto i comunisti a uccidere il federale di Ferrara e sul perché avevano deciso solo dopo tanti anni di dire la verità:
"Come si svolse l'azione?"
"Il federale Ghisellini era stato seguito più volte quando la sera tornava a Casumaro per conoscerne orari e abitudini. Quella notte i compagni bloccarono l'auto lungo la strada, uno solo sparò e uccise Ghisellini. Poi auto e cadavere furono portati a Castel d'Argile per sviare le indagini e l'attentato avvenne alla periferia della città, si può dire a poche centinaia di metri dalla Federazione Fascista"
"Lei ha scritto di non ricordare il nome del comunista ferrarese che partecipo all'agguato. È un'affermazione poco convincente, nel numero del 28 luglio scorso "Candido nuovo" indica proprio in lei uno degli autori dell'attentato"
"Il nome non lo ricordo proprio, ma se lo ricordassi non lo direi. Candido si sbaglia, io non partecipai ali azione. A quel tempo il partito mi aveva affidato compiti organizzativi, non operativi"
"Come prese consistenza la voce che Ghisellini era stato ucciso da un Fascista per dissensi politici interni?"
"Era una versione che faceva comodo a tutti. Consentiva ai Fascisti di nascondere all'opinione pubblica che anche in provincia di Ferrara era iniziata la resistenza attiva contro il regime, e ai comunisti di defilarsi e di agire più liberamente nella clandestinità. Molta gente ne è ancora convinta."
"Perché ora i comunisti rivendicano la paternità dell'attentato?"
"Perché oggi sono cadute le motivazioni che consigliavano di mantenere il riserbo e perché s'impone l'esigenza di ristabilire la verità storica".

Questa è la verità storica per stabilire chi veramente volle instaurare un clima di odio, dando il via al periodo di rappresaglie che seguirono a tale omicidio ed a molti altri efferati assassini, come quello del mite e tranquillo Federale Milanese, Aldo Resega.

Recentemente l' idea del Sindaco di Cento di voler dedicare una via ad Igino Ghisellini ha scatenato nuovamente le ire dei comunisti locali, a dimostrazione di come la pacificazione non sia voluta solamente ed ancora una volta dai bravi eredi di quell' oscuro periodo storico che ieri ancora si è voluto festeggiare.

1 commento:

Tommaso Pellegrino ha detto...

Sulle vicende del fascismo a Ferrara e altrove in Italia, su Balbo, Ghisellini e tanti altri protagonisti, consiglio la lettura del mio ultimo libro "Gerarchi, gli uomini che resero possibile il fenomeno fascista". Roberto Chiaramonte Editore. € 20,00. Disponibile a Torino in diverse librerie; a Milano alla Libreria Militare e in qualcun'altra un po' in tutta Italia. Ordinabile anche direttamente a me tramite l'e-mail qui sotto specificata. Grazie sin da ora.
Tommaso Pellegrino-Torino
www.tommasopellegrino.blogspot.com
tommypellegrino@libero.it